Iacopone da Todi è un altro autore da inserire nell’ambito della produzione letteraria – religiosa, anche lui in quella francescana, ma con differenze forti rispetto a San Francesco. Qualche studioso ha definito Iacopone da Todi come un “francescano senza ottimismo, senza speranza”, cioè, mentre infatti nel francescanesimo originario si sottolinea il rapporto positivo, salvifico tra l’uomo, Dio e la natura, in una dimensione di armonia, in Iacopone da Todi si ha una visione della realtà assolutamente negativa, priva di qualsiasi spiraglio di speranza, di mutamento radicale. Per Iacopone da Todi non è possibile trovare un equilibrio tra la vita dell’uomo e il disegno divino, cioè, mentre S. Francesco vedeva nell’armonia con la natura una possibilità di superamento del peccato, per Iacopone da Todi questo non è possibile: l’uomo è comunque incapace di eludere il male. L’unica cosa che l’uomo può fare è pregare Dio misticamente, cioè attraverso uno slancio irrazionale nei confronti della fede di Dio: un contatto giocato sulle emozioni, senza il percorso di fede razionale. Iacopone da Todi ha questa visione così negativa per motivi legati alla sua vicenda biografica.

Nasce nel 1236 da una famiglia aristocratica, studia giurisprudenza e diventa procuratore; poi si sposò e la sua vita cambia con la morte improvvisa e tragica della moglie. Rimane folgorato dal fatto che la moglie portava un cilicio per procurarsi delle ferite (come ne Il nome della rosa) per avvicinarsi a Dio. Iacopone diventa monaco francescano estremista spirituale. A questo punto inizia la seconda parte della vita contrassegnata da un rifiuto della mondanità, cioè una vita non religiosa e sente il bisogno di scrivere le sue idee, cosa che avviene attraverso il genere della lauda. Si impegna anche a livello politico: firmò nel 1297 insieme alla famiglia Colonna contro il papa Bonifacio VIII, perché sosteneva che egli fosse un papa materialista e in cambio ricevette la scomunica e la condanna ad essere incarcerato. Tuttavia egli è combattivo anche in carcere, dove scrive delle epistole invettive contro Bonifacio VIII. Ottiene l’indulgenza nel 1303 con il papa Benedetto XI e muore nel 1306. Le caratteristiche dei suoi testi sono:

1) sono testi in cui un’importanza notevolissima la assume il linguaggio: si tratta per lo più del dialetto umbro popolare (colorito, espressivo) anche se ci sono i latinismi. Per quanto riguarda la sintassi, lo stile di Iacopone è diverso da quello di San Francesco, che riflette il tormento di quest’uomo: frasi concitate, spezzate, ellittiche e drammatiche.

2) le tematiche affrontate, diverse da quelle di S. Francesco, riguardano una riflessione tragica sull’abisso tra uomo e Dio, il quale può essere la risposta ai problemi umani. L’uomo è insignificante, incapace di avvicinarsi a Dio.